La presenza di Roberto il Guiscardo a Salerno lascia però credere che la prima fondazione di San Pietro sarebbe stata contemporanea al Duomo di San Matteo, intorno al 1076, anno in cui il Guiscardo divenne Principe di Salerno, e che quindi Guglielmo il Buono avrebbe provveduto solo a una riedificazione del complesso. Il cenobio fu affidato ai Benedettini che lo tennero fino al 1557. Nel 1577, con bolla di Papa Gregorio XIII, il cardinale cedette l’abadia ai padri minimi di San Francesco di Paola. Nel 1743 Benedetto XIV assegnò i beni e l’abadia si San Pietro al collegio dei cinesi istituito da Matteo Ripa.
La chiesa assunse in questo periodo l’aspetto di un edificio barocco. I padri abitarono il convento fino all’occupazione militare napoleonica del 1806, cui seguì il decreto di soppressione dell’ordine del 7 Agosto 1807. Nel 1886 il complesso fu riscattato dai frati minori cappuccini che vi rimasero definitivamente. Nel 1928, su ordine del regio soprintendente all’arte medioevale e moderna, Gino Chierici, si diede inizio ai lavori di liberazione della chiesa, e delle sovrastrutture e decorazioni barocche. Nel 1929 si verificò il crollo del soffitto della navata centrale e laterale sinistra della chiesa coinvolgendo anche le relative colonne e i capitelli. Poiché questi ultimi rimasero abbastanza integri, si potè procedere al loro rimontaggio; non fu possibile, invece, salvare gran parte delle monofore.
Durante i lavori di recupero fu scoperta la cripta, grazie a una voragine apertasi nel pavimento della chiesa. Il successivo restauro mise in evidenza gli elementi marmorei presenti sia nella chiesa che nella cripta; dal 1930 il complesso è noto con il nome di San Pietro alli Marmi. Il complesso conventuale si sviluppa intorno a un chiostro a forma quadrata e si articola su tre livelli, più un piano sottotetto. Al piano terra, il chiostro è delimitato dal portico coperto da volte a crociera sorrette da arcate a tutto sesto. Sui conci di chiave degli archi erano posti stemmi nobiliari, dei quali ne sono rimasti solo alcuni, poiché buona parte di essi fu rimossa durante l’occupazione militare. Dal chiostro si accede ai locali che ospitano il museo africano, allestito dai frati missionari e alla chiesa. L’entrata principale della chiesa è accompagnata da una scalinata che collega il piazzale con il sagrato. L’ingresso, posto originariamente sulla parete opposta a quella absidata, si apre attualmente sulla navata destra ed è costituito da un semplice portale in pietra, con stemma della famiglia Carafa.
La basilica, ispirata all’arte normanna è a tre navate; quelle laterali si staccano dalla centrale con sei archi per parte, con sette colonnine di spoglio, di cui quelle presso l’altare sono più piccole e senza base. Di queste colonne, otto sono in pietra locale e tre di granito. Lungo le pareti della navata centrale si profilano dodici monofore scandite a gruppi di sei sul lato destro e sul lato sinistro. Altre dodici, di dimensioni minori, si aprono sulle pareti laterali che delimitano il perimetro della chiesa. Tutte le monofore sono realizzate in pietra traforata. La zona dell’abside era decorata con affreschi di cui sono rimaste alcune tracce solo nelle absidi laterali.
Secondo lo storico Carmine Giarla, gli affreschi si possono datate tra il 1564-1578 e attribuire a Giovanni Luca de Luca, figlio di Giovanni Luca de Magistro, autore degli affreschi absidali di San Francesco. L’abside sinistra è affrescata con le immagini di Sant’Andrea e San Pietro, la prima per intero e l’altra fino al busto. Nella parte superiore, in una piccola nicchia, si può ammirare l’affresco raffigurante la resurrezione di Cristo. La cripta con soffitto a volta a crociera sorretta da colonne di marmo è di forma rettangolare con tre absidi corrispondenti a quelle della basilica superiore. In essa si venera il corpo di San Berniero ( compatrono di Eboli). Egli fu un nobile spagnolo dell’XI secolo che, abbandonata la vita agiata, andò pellegrinando ed elemosinando per l’Europa, finché si fermò a Eboli dove morì. Un altare in pietra, al centro della cripta, conserva in un’urna il corpo del Santo, mentre un crocifisso lineo del ‘600 è sull’altare; alla sua sinistra è posta la statua linea di San Fedele di Sissmariga, opera del 1690 di Giacomo Colombo (1663-1731). Alla destra si trova la statua linea di S. Berniero, del 1610, dello scultore Donato Villano di Napoli. Prima di risalire alla basilica superiore, non si può non essere attratti da un singolare basso rilievo in pietra, attribuibile a un maestro di Napoli attivo nella zona intorno alla prima metà del ‘400. Raffigura S. Berniero in abito da pellegrino, col bastone in mano in atto di scacciare il demonio da un’ossessa.
Lo svettante campanile è l’elemento di spicco della struttura abbaziale che, con le sue fasce decorative a tarsie in tufo grigio e pianelle di cotto ricorda elementi di decorazioni arabe di provenienza siciliana.