Nel complesso archeologico è visibile parte di un quartiere artigianale costituito da tre fornaci, databili dal IV al II sec. a.C. destinate alla produzione di terrecotte e ai bordi di un lastricato, che gli storici ritengono possa essere la vecchia Via Popilia (la strada che collegava Capua a Reghium), sono visibili i resti di un’officina destinata alla fusione e alla lavorazione dei metalli, risalente al II sec. a.C. La pendenza del terreno, lascia presupporre che il muro di fondo originario di quest’officina, servisse anche da terrazzamento al terreno sovrastante. Nell’intercapedine del rafforzamento di questa parete, durante gli scavi furono rinvenute dodici monete romane repubblicane della serie della prora, databili tra la fine del III e la prima metà del II sec. a.C.
L'officina è costituita da due edifici affiancati, entrambi suddivisi in due ambienti da un muro trasversale attraversato da una canaletta di scolo, che fu trovata carica di residui di combustione in particolare ferro e piombo. Alla parete di fondo erano addossate due grosse dolie.
Delle tre fornaci che costituiscono il complesso archeologico, la prima, la più piccola per dimensioni, è perfettamente conservata e presenta tutte le caratteristiche della fornace tipo. Di forma rettangolare misura m 1,50 x 1,30, il piano forato presenta 26 fori e poggia su pilastrini d’argilla, ha il pavimento in argilla battuta, l’ingresso della camera di combustione anch'esso integro è ogivale. La seconda, quadrangolare misura m 3,20 x 2, ha la camera di combustione divisa in due da un pilastrino centrale, l’ingresso della camera è in mattoni irregolari, e la volta era sorretta da due pilastrini. La terza, con un grande corridoio m 6 x 1,50, non è ben conservata, ma si può presupporre che la camera da fuoco, posta a un metro dal corridoio, avesse due entrate simmetriche. Visibile è un’intercapedine per la circolazione dell’aria calda.
Dai reperti rinvenuti, costituiti in gran parte da resti di matrici, si deduce che le fornaci erano destinate alla produzione di terrecotte figurate e nello specifico, le prime due per la cottura di vasellame, statuette ed elementi architettonici, mentre la terza, era usata per la cottura di tegole e mattoni. Si può facilmente intuire, visitando gli scavi, che è visibile solo una parte di questo nucleo artigianale e altri scavi sarebbero necessari per riportare alla luce quanto è ancora nascosto, tanto più che gli scavi di ricognizione effettuati in altri punti dell'area, hanno evidenziato la presenza di altri reperti archeologici.
Si spera che future campagne di scavi possano tracciare la pianta generale del quartiere e trovare il nucleo più antico dell’insediamento abitativo. L’apertura al pubblico è garantita dall’associazione “Rinascita Culturale Ebolitana” che ha curato anche la bonifica dell'area e la messa in sicurezza.
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Giovanni Setaro.